Il merito creditizio – nullità del contratto di finanziamento

L’ordinanza del Tribunale di Asti dell’8 gennaio 2024 n. 105 prende in considerazione un argomento di cui molto si è discusso e si discute: la nullità del contratto di mutuo rilasciato da un istituto di credito, garantito da MCC (Medio Credito Centrale), senza che la banca abbia posto in essere alcuna due diligence in relazione al merito creditizio della società richiedente il mutuo.

Nell’ordinanza si fa riferimento ad una vicenda che vede coinvolto un istituto di credito che, senza aver posto in essere alcun controllo in relazione al merito creditizio, ha rilasciato il finanziamento alla società richiedente, basandosi solo sul fatto che la banca, anche in caso di default della società, sarebbe rimasta indenne data la garanzia statale. La società mutuataria è stata poi dichiarata fallita.

L’istituto di credito fondamentalmente non avrebbe proceduto ai necessari controlli, proprio nella consapevolezza di “nulla perdere” nel caso di insolvenza della società mutuataria data la garanzia di Medio Credito Centrale.

Partendo da questo assunto si possono delineare alcuni scenari degni di approfondimento che vedono coinvolti gli istituti di credito in tema di operazioni di “ristrutturazione” del debito bancario di società in difficoltà finanziaria.

Un esempio su tutti:

  • società in stress finanziario che si trovano “costrette” a richiedere finanziamenti garantiti per il pagamento di finanziamenti pregressi non garantiti, vedendosi così trasformare un debito chirografario in un debito privilegiato (in spregio, peraltro, alla par condicio creditorum).

Gli istituti di credito potrebbero quindi essere parti di operazioni a “senso unico” lato banca. Infatti, al fine di salvaguardare gli interessi della banca riversano gli effetti di una crisi societaria non solo sul debitore principale, ma anche sull’intera collettività sia in termini di utilizzo di garanzie statali sia in termini di soddisfacimento alterato dei creditori nel caso in cui l’impresa dovesse subire poi il default.

L’aspetto peraltro più problematico e da attenzionare in relazione alla responsabilità bancaria è la valutazione del merito creditizio che dovrebbe essere operata dalla banca in via di istruttoria sia in fase di erogazione, sia nel corso del rapporto. In molti casi, ad esempio, “bilancio alla mano” emerge l’evidenza che alcune operazioni messe in atto dalla banca non siano state opportunamente verificate e quindi la società non genera flussi di cassa tali da permettere la copertura degli impegni finanziari assunti dalla società medesima nell’arco temporale minimo di sei / dodici mesi che assicurino la continuità aziendale.

I soggetti coinvolti nell’operazione di cui all’ ordinanza del Tribunale di Asti sono:

  • il mutuatario (poi dichiarato fallito) che ebbe a godere del mutuo;
  • la banca che ebbe ad erogare il mutuo;
  • il Medio Credito Centrale che ebbe a garantire il pagamento.

In relazione alla “responsabilità” è agevole pensare che:

  • la banca è responsabile per aver concesso un finanziamento senza valutare il merito creditizio;
  • la società mutuataria è responsabile per aver richiesto un finanziamento celando di fatto, la situazione di default in cui versava, ritardando così la dichiarazione di insolvenza, con un aggravio sia personale in termini di responsabilità sia in relazione al soddisfacimento dei creditori creando un aumento della massa debitoria.

Il Tribunale di Asti, quindi, ha censurato l’operazione in quanto:

  • nell’erogare il finanziamento la banca non ha operato con la corretta diligenza che avrebbe dovuto porre in essere, ed ha incassato il contributo statale a danno della collettività;
  • la garanzia statale è stata conseguita grazie all’omissione di informazioni relative alla solvibilità del debitore;
  • l’erogazione del finanziamento ha procrastinato la dichiarazione di fallimento.

Alla luce di quanto sopra, la causa effettiva del contratto di mutuo sottoscritto è da ritenersi contraria al buon costume, perché a danno della collettività.

Vi è stata di recente una ulteriore pronuncia della Corte di Cassazione in tal senso, l’ordinanza n. 4376 del 19 febbraio 2024 ha ritenuto “immorali ed irripetibili le erogazioni finanziarie prive di una concreta finalità imprenditoriale e riconducibile al solo scopo di procrastinare l’emersione di un dissesto societario”.

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Dott.ssa Simona Brambilla

(riproduzione riservata)

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